Inceneritore del Gerbido – parte terza – più si brucia più si inquina

 Inceneritore del Gerbido – parte terza – più si brucia più si inquina

Ho già ricordato come l’inceneritore sia arrivato al Gerbido e come i rifiuti debbano essere gestiti
secondo criteri tecnico normativi precisi
. Al di fuori dei quali scegliere l’incenerimento significa fare una favore a qualcuno e fare una scelta contro di noi e contro l’ambiente.
Proviamo a ricordare qualcosa sui danni: danni alla salute, danni all’ambiente, danni al clima e danni economici. Decidete voi l’ordine di priorità; io per oggi i limito ai danni alla salute.

I rischi per la salute sono un tema complesso. Sui media si va da chi dice “Non ci sono rischi perché rispettiamo i valori limite di emissione!” a chi si preoccupa di falsi problemi “Quei criminali fanno l’inceneritore vicino ad un ospedale!”. 
Ora, le cose sono più complesse, ma per spiegarle occorre semplificarle. Senza barare.
I rischi per la salute sono determinati in via diretta dalle emissioni dell’inceneritore; in linea molto generale possiamo distinguere sostanze broncoirritanti, metalli pesanti e sostanze di varia natura con effetti a lungo termine, tra cui effetti in gravidanza ed effetti cancerogeni.
Gli effetti sono determinati dalle proprietà delle sostanze emesse, dalle loro concentrazioni, dal numero di persone esposte, dalla durata dell’esposizione, dalla permanenza nell’ambiente delle sostanze, dall’interazione tra agenti inquinanti.   

Però chi inquina e chi amministra ci spiega “Ma ci sono i valori limite! E Noi stiamo mooolto sotto i valori limite!”. 
E ci mancherebbe!
Peccato che i valori limite siano stabiliti considerando le esigenze produttive. E per gli inceneritori i valori limite cambiano in funzione della fase di attività. 
Questo vale per tutti i valori limite. 45 anni fa uscì un bel libro che parlava della storia dei valori limite, descrivendo come progressivamente siano scesi. E la discesa dei limiti era in funzione delle tecnologie disponibili. Non dei rischi per la salute.

In ogni caso, i limiti per le emissioni sono limiti per unità di volume. In altri termini, per ogni metro cubo di emissioni, la concentrazione delle singole sostanze non può superare un determinato valore. Quindi, a parità di tecnologia, più si brucia, più sostanze nocive sono emesse.

Intendiamoci, chi inquina, lo fa con profondo dispiacere ... E le tecnologie odierne permettono di abbattere gran parte degli inquinanti presenti nelle emissioni. Ma ci sono diversi ma….
  • Il “primo ma” è che le sostanze catturate dai filtri dei camini non vanno in atmosfera, ma comunque continuano ad esistere. Sono rifiuti pericolosi da gestire con cura e spese in apposite discariche. C’era chi li metteva nel fondo stradale, ma poi finivano "dilavati" nei campi e alla fine ce li mangiavamo.
  • Il “secondo ma” è che se 20 anni fa i venditori di inceneritori dicevano che facevano sparire i rifiuti, oggi tacciono. I rifiuti bruciati producono CO2 e danno il loro contributo al mutamento climatico.
  • Il “terzo ma” è che parte delle sostanze vanno in atmosfera. I camini sono molto alti e le sostanze si disperdono su ampie aree. Le scelte politiche progressivamente deteriorano l’ambiente in cui viviamo ed aumentano i rischi per la nostra salute.
Noi viviamo in una zona che risente di 80 anni di pesante inquinamento industriale. I metalli pesanti emessi vanno ad accumularsi con quelli emessi in passato. Lo stesso vale per altre sostanze tra cui le sostanze clorurate. 
Alcuni dicono "E' già inquinato. Noi aggiungiamo solo poco inquinamento!" E' vero, in un ambiente molto inquinato ogni singola nuova fonte di inquinamento incide poco. E si diluiscono anche le responsabilità. 
Ma per l'ambiente e per la salute è vero il contrario. In un ambiente inquinato non si deve aggiungere inquinamento. Ogni aggiunta contribuisce a causare effetti più gravi.

Quello che ci deve interessare di più sono le emissioni di sostanze organoclorurate; in particolare di diossine e di PCB. Sono sostanze che restano nell’ambiente per periodi lunghissimi e che se penetrano in un organismo, tendono a rimanere lì per sempre.

Ricordiamoci che tanto per intrattenere il pubblico (pardon, la popolazione) venne messo in piedi uno studio, la “Sorveglianza sulla salute della Popolazione nei pressi del Termovalorizzatore di Torino”, il Programma SPoTT secondo la non involontaria ironia dei promotori.
Lo studio voleva confrontare la salute e le esposizioni tra 2 gruppi di persone: gli “esposti”, cioè i residenti vicino all’inceneritore e i “non esposti”, cioè i residenti in zone più lontane.
A parte un problema tecnico di potenza dello studio che poteva accertare aumenti di accumulo di sostanze organoclorurate vertiginosi (dal 20-25% in su) c’era un problema fondamentale.
Se diossine e PCB vengono assorbite al 90 % per via alimentare, come si fa ad ipotizzare che esistano differenze di esposizione tra chi abita vicino e chi abita lontano?  Pensiamo che nell’area metropolitana di Torino ci si alimenti come nel medioevo con prodotti dell’orto sotto casa?

Questo solo per accennare all’ipocrisia di chi ci amministra. Non capiscono? Peggio, non vogliono capire ed hanno una assoluta incapacità di assumersi le proprie responsabilità. Così facendo peggiorano la situazione. E chi li vuole sostituire è peggio di loro
Carlo
P.S.: la foglia di fico dello studio è stata pagata da noi con la TARI
(Continua)

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