Salomon nella neve

Davide rientra a casa verso le dieci e un quarto di sera. "Pà, qui sotto c'è un ragazzo che prova a dormire ai piloty.  Avrà 25- 30 anni, è uno piccolino, magro. Ha un sacco a pelo ridicolo. Provo a portargli qualcosa da mettersi addosso. Fa veramente freddo".
Prende una felpa e delle calze e scende.
Torna dopo 5 minuti "Non vuole prendere nulla. Non risponde. Sono arrivati i Carabinieri che lo stanno mandando via".
Scendo anch'io, in pantaloncini e con un pile addosso. 
Ci sono 2 carabinieri di Grugliasco. Mi guardano quasi preoccupati "Eh, avete un ospite. Lo stiamo mandando via. Ci hanno chiamati"
Il giovane, pelle scura, capelli ricci sparati verso l'alto, inizia ad uscire dal suo sacco a pelo. Proviamo a parlargli; inglese, francese, italiano, un cenno di spagnolo. Niente. Non risponde.
Da un foglio che ha dato come documento ai Carabinieri risulta essere eritreo e chiamarsi Salomon, per quanto riusciamo a capire.
Ha con se quattro borse della spesa, una per il sacco a pelo ed altre cose, una con 3 taniche da 10 litri, vuote con una quarta tanica appesa fuori, altre 2 borse con cose indecifrabili.
Fa freddo e dalle 12 e mezzo ha nevicato e le strade non sono state spazzate.
Salomon rifiuta le calze asciutte e la felpa. Più volte. Intanto continua a sistemare le sue cose.
Si parla con i Carabinieri e con Salomon che continua a non rispondere. Quando a parole e con un gesto gli chiediamo dove ha dormito risponde con un paio di parole incomprensibili e con un gesto della mano che indica lontano, verso fuori città, verso le montagne. Chissà cosa vuole dire.  Chissà cosa ha capito. Lo rifarà altre volte per rispondere alla stessa domanda.
I carabinieri sono costernati "Ci hanno chiamati, lo dobbiamo mandare via. Non possiamo fare diversamente. Si vede che è uno tranquillo che non fa nulla di male."
"Si però dove va?". Tutti, tranne Salomon,  guardiamo la strada ed i marciapiedi ricoperti da neve marcia. "Se sta fuori con questo freddo rischia di morire. Ha anche il sacco a pelo bagnato".
Salomon si chiude i pantaloni con un cordino avvolto in vita. "L'ho visto fare da molti" dice un carabiniere "forse è una loro usanza". 
Si prova ancora a vedere se possono chiamare qualcuno, se si può fare qualcosa.
Intanto Salomon, che ha continuato a rifiutare le calze asciutte ed il pile, inizia ad infilarsi le scarpe. 
Non ha le calze. Strappa gli elastici da alcune mascherine e li mette sotto ed attorno alla punta dei piedi per isolarli dalle scarpe fradice. Sono scarpette leggere, estive, di tela.
L'altro carabiniere "Guardate sta anche pulendo il posto dove si era sistemato" "Che pena". 
Mi sento impotente. Anche Davide. Anche i carabinieri. Uno prova anche a dirgli di prendere quello che gli offriamo. Niente. Adesso credo che abbia paura che lo vogliamo fregare in qualche modo.
Ha infilato la scarpa destra. Che pena.
Poi vedo il piede sinistro. E'  molto gonfio, riesce ad infilare la scarpa solo a mo' di ciabatta. Sostanzialmente è scalzo. "Senti non puoi andare nella neve così!". Niente. Sembra non capire. Sembra che debba per forza fare l'ineluttabile.
I due carabinieri non sono scortesi o indifferenti. Ma "Non possiamo costringerlo a fare qualcosa e dobbiamo fare quello per cui siamo stati chiamati".  Ma se Salomon accettasse di salire in macchina con me e Davide, non sembra che avrebbero nulla da dire.
Salomon si allontana e raggiunge il cancello, esce sulla strada e marciapiede ricoperti da neve marcia.  Escono anche i carabinieri
"Davide, non perderlo di vista. Vado a mettermi qualcosa. Questo rischia di morire". 5 minuti dopo sono di nuovo per strada con scarpe e doppio pile.
Inizio a cercarli. Poi sento Davide per telefono "E' andato al fondo di via Crea, verso il fondo di corso Tazzoli". Mi incammino. La neve è alta, sdrucciolevole, piena di pozze d'acqua. Le macchine che passano mi spruzzano addosso acqua e neve marcia. 
Penso a quel poveretto scalzo, ma dove vuole andare? Ma non so cosa fare.
Li raggiungo. Davide in macchina, Salomon a piedi con le sue 4 borse.
Provo a parlargli.  Niente. Rifiuta tutto e continua a camminare. Quando mi vuole mandare via ho anche un po' di timore.  Chissà cosa avrà passato. E chissà quali cicatrici ha lasciato nella sua testa il suo viaggio. Una bella "sindrome da stress post traumatico" potrebbe servire per motivare un ricovero. Ma non ci sono ancora arrivato.
Mi sento impotente. Telefono all'Arsenale della Pace. Mi sento impotente e forse sanno darmi qualche consiglio. Siamo in corso Tazzoli; sono riuscito a convincerlo a non andarsi ad infilare dietro le poste.
La voce amica fa domande e prova a dare consigli. E' assolutamente partecipe. Da loro tutto è pieno. Forse si può provare in via...... , dalla parte opposta della città. 
"Si ma non si fa aiutare. Non c'è qualcuno che può darmi dei suggerimenti. O qualcuno che possa parlagli in eritreo?". Purtroppo no. Poi: "Senti, l'unica è provare a chiamare il 112. Mandano un pattuglia che vede la situazione e può chiamare un ambulanza.  Nessuno può costringerlo, però, magari ... "
E faccio così. Con un paio di passaggi arrivo alla Polizia di Stato "No, no. Ha fatto bene a chiamare. Mandiamo una pattuglia. Lei dov'è?". "In corso Tazzoli 215. E' un interno che conduce ad alcune fabbrichette".
Intanto Salomon che mi ha visto telefonare lancia un richiamo ad alta voce, come per chiamare amici lontani o invocare qualcuno. Lo rifarà parecchie volte quando si sente pressato.  
Salomon gira nell'interno "Davide, tu aspetta qui la polizia. Io provo a seguirlo e parlargli, prima che si infili chissà dove e vada a morire per il freddo.".
Si continua  come prima. Decido di stare avanti a lui, mi pare si senta più tranquillo. Arriviamo in corso Orbassano. Gli indico un distributore con tettoia illuminata, almeno lì potrebbe stare con i piedi sull'asciutto. Sembra che vada. Io attendo per vedere se arriva la polizia. Poi Salomon devia e continua a camminare per corso Orbassano verso strada del Portone; solo due deviazioni per evitare signorine in attesa di clienti.
Finalmente arriva la volante. Un breve scambio di parole e partono. Io e Davide li raggiungiamo in macchina  da Salomon all'incrocio di Strada del Portone.
Salomon muto, mi lancia un'occhiata come per dire "Sei stato tu, vero?". 
Inizia un lungo colloquio con Salomon muto che ogni tanto lancia il suo richiamo.  Si direbbe che non capisca nessuna lingua a noi conosciuta.
Fa veramente freddo. Uno dei due poliziotti lo invita a sedersi in macchina. "Li fa caldo. Ti scaldi le mani"
Niente.  
Si prova a rassicurarlo. 
Niente. 
Un poliziotto prova a spostare una delle borse. Salomon ferma l'operazione mettendo un mano sulla borsa. L'altro gli porge lo smartphone dove gli ha scritto un messaggio tradotto in eritreo. Salomon scuote la testa. Eppure sembrerebbe saper leggere. Se lo si guarda bene,  il viso è quello di una persona che si prende cura di sé.
Forsa ha paura di prendere in mano lo smartphone e di essere accusato di qualcosa.
Si concorda di chiamare un'ambulanza "Non lo si può costringere, ma proviamo". 
Inizia l'attesa. Non manca molto a mezzanotte.
Finalmente  arriva l'ambulanza. Escono due volontari, che portano un'ondata di vitalità, quasi allegria.
"E noi che facciamo?", ma non è un modo per scaricare. Lei, moldava, prova a contarla in tutti i modi a Salomon.  E anche tutti noi. 
Poi aprono lo sportello laterale dell'ambulanza. Dentro è ben illuminato, invitante. 
A un certo punto Salomon si lascia condurre. Si siede su un sedile, poi su un altro. L'acqua gli cola di dosso. Gli indicano la barella e si sposta alla barella. Si lascia mettere sdraiato, con una coperta termica.  La destinazione sarà Mauriziano o Molinette, inquadrandolo come persona che rifiutando aiuto in una condizione disperata può avere seri problemi psichiatrici. Non bello? Si, ma utile,
Poi si lascia assicurare alla barella. Le sue 4 borse sono con lui. E L'ambulanza è in  attesa di indicazioni su dove recarsi, ma si capisce che la partenza è imminente.
Davide ed io siamo a qualche metro di distanza; Salomon gira la testa. Un poliziotto, tra il sorridente e l'eccitato ci chiama: <<vi ha detto  "Thank you">>. Si l'avevamo sentito.
Tutti sorridono con le lacrime agli occhi. (si, li so. Suona melenso. Ma era così) 
Per questa notte Salomon ce la farà. Non siamo riusciti a capire in quale pronto soccorso sia stato portato.  
Possiamo solo sperare che nonostante quello che ha passato e che noi possiamo solo vagamente immaginare, possa provare ad affidarsi di più. E, forse, a salvarsi
Carlo Proietti
P.S.: questo post è dedicato anche a chi questa mattina si faceva grosso sui social per avere chiamato le forze dell'ordine. 
Il problema è che nessuno sa come risolvere questi drammi. Regole, regolette, proclami non servono e fanno danni.  E così c'è chi agisce secondo qualche proclama sentito e fa lo struzzo per non vedere.

Posta un commento

1 Commenti

  1. Tu e Davide siete stati eccezionali, Salomon ve ne sarà grato e anch'io che credo nellimportanza della

    RispondiElimina