Negazionismo climatico e partecipazione

Il negazionismo climatico si basa su una

limitata serie di tesi, che trovano ascolto per la fisiologica resistenza al cambiamento che si manifesta di fronte cambiamenti che nell'immediato non paiono appetibili. 

Le tesi negazioniste sono riproposte in modo insancabilmente ripetitivo.

Sono riproposte sui media e sui social senza sostanziali variazioni. E sono impermeabili ad ogni critica.

A fronte di contestazioni che mettono in luce l'inconsistenza delle tesi, gli autori - più correttamente dovremmo dire  i divulgatori - scelgono il silenzio. È dopo una breve pausa ripropongono la medesima tesi. 

Questo dovrebbe allarmare le persone in buona fede. Ma in un mondo dove siamo stati addestrati a non essere protagonisti, bensì ad essere semplici spettatori, prevale l'istinto ad agire secondo l'unica modalità permessa agli spettatori: comportarsi  da tifosi. 

E chi tifa, difficilmente si accorge di questi dettagli. È troppo preso dal ripetere la tesi che ama. 

Questo approccio non si manifesta solo sul mutamento climatico. In passato lo si è avuto su altri temi quali le piogge acide, il buco dell'ozono o i danni da fumo passivo. Tutti temi che interessano la popolazione nel suo insieme. Tutti temi legati ad enormi interessi economici.

Se andiamo più indietro nel tempo, abbiamo avuto questioni analoghe nel campo della sicurezza e salute sul lavoro. 

Anche qui, conoscenze scientifiche imponevano la drastica adozione di misure di prevenzione. Ma la questione riguardava un sottoinsieme della popolazione; riguardava i lavoratori esposti a specifici fattori di rischio. Si possono citare due esempi: il cloruro di vinile monomero e l'amianto

In queste vicende, come per il fumo passivo, era evidente lo sforzo delle industrie ad insinuare dubbi che consentissero di tirare avanti come prima. 

Con l'amianto, dai primi allarmi del 1926 sono riusciti ad andare avanti per 2/3 di secolo. Per il cloruro di vinile monomero per poco più di 10 anni. Ma tutta la storia dei "valori limite" ci racconta vicende analoghe. 

Per le questioni ambientali le cose sono più difficili. Perché riguardano tutti e perché la mole di informazioni scientifiche sulla natura antropogenica del mutamento climatico è impressionante. 

Così ci vengono proposti degli scienziati "scettici". Questi personaggi raccolgono qua e là dati utili al loro ruolo di negazionisti. E se il metodo scientifico dovrebbe al massimo portare lo scienziato (sempre che di scienziato si tratti) a formulare un'ipotesi, questi invece rivelano delle "verità alternative". Invece dovrebbero progettare degli studi, poi realizzarli e quindi analizzare i risultati. 

Nel 2021 la rivista Nature dopo avere analizzato migliaia di testi pubblicati online (non su riviste con revisione tra pari) ha identificato 5 tesi negazioniste sul cambiamento climatico:

1. Non sta accadendo

2. Non è colpa nostra

3. Non è un problema

4. Le soluzioni proposte non funzionano

5. Gli scienziati e gli ambientalisti sono inaffidabili

Le prime 3 tesi rappresentano il normale arretramento a fronte dell'insostenibilità delle proprie tesi. 

La quinta tesi serve a sollevare cortine fumogene in assenza di argomenti ed è pericolosa in un mondo dove la cultura di destra (praticata ahimè non solo dalla destra) lavora per mettere sullo stesso piano i dati e le opinioni. 

La quarta tesi indicata da Nature "Le soluzioni proposte non funzionano" richiede una riflessione. 

Se è vero che i negazionisti climatici contestano le soluzioni proposte, non è vero che chi contesta le soluzioni proposte sia un negazionista climatico. 

Anzi, se ci fate caso, molti si dichiarano negazionisti perché contrari o irritati dalle soluzioni che vengono proposte / imposte. Insomma confondono le cause con gli effetti. 

In una società in cui la politica è estremamente debole ed è apparentemente incapace di proporre percorsi per i necessari cambiamenti, è inevitabile che le proposte nascano dalle lobbies. E così gli obiettivi ambientali diventano pretesti per attività con obiettivi economici.

Insomma, se il mutamento climatico antropogenico ci preoccupa, allora non possiamo lasciare la critica alle soluzioni proposte alla destra negazionista.

Per questa via ci si ferma e si arretra.

Il mutamento climatico è un problema commesso che richiede soluzioni complesse. E quindi non possiamo concederci il lusso di stare a guardare

Vi piaccia o no, occorre documentarsi, ascoltare, pensare. Ed esprimere le proprie opinioni (non solo sui social!).

C'è il bisogno di uscire, di esporsi nelle strade e nelle piazze. Insomma, c'è bisogno di partecipazione.

Carlo 

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