Prendo spunto da un Luca Mercalli di pochi giorni fa "La fisica non mente, ci restano 10 anni" a cui
contribuiscono in vario modo i giornali presentando la "profezia".
Ora, dove ci sta portando il mutamento climatico è evidente; non lo nega più nessuno e la partita si è spostata sulle "soluzioni"
Le "profezie" sui tempi del momento di non ritorno però non aiutano. Tutto fa credere che i tempi per variazioni climatiche gravemente impattanti sull'umanità saranno più brevi di quanto non si pensasse a fine anni '90
Ma credo che occorra riflettere sui messaggi catastrofisti, sulle "profezie".
1) Questi messaggi generano forti emozioni, ed inducono l'attesa di qualcosa di immediato. Le conseguenze, invece, si esplicano in tempi medio / lunghi.
2) L'immaginario della catastrofe è superiore a quanto si osserva, a quanto si riesce osservare (in questo caso nei tempi brevi) . Così, inconsciamente larga parte delle persone finisce per pensare che l'allarme è / era esagerato. E che quindi la situazione non è poi così grave. "È solo uno dei tanti allarmi..."
Se pensiamo al passato, si può ricordare Seveso... ; le conseguenze sono state molto gravi (e non ben conosciute a livello di popolazione), ma irrilevanti rispetto all'immaginario del luglio 1976.
Oppure si pensi agli effetti negativi della scorretta comunicazione del picco del petrolio...
3) qualcuno continua a pensare che "se le persone non si sono scosse per i messaggi precedenti, occorre calcare la mano e spaventarle di più". Ma non funziona così, basta pensare a quanto fatto e detto in questi decenni.
4) La nostra mente seleziona ("conserva") le cose positive e tende a cancellare le cose negative. I messaggi catastrofisti sono rimossi da gran parte delle persone ed angosciano quelli già sensibili.
5) la nostra reazione di allarme funziona per pericoli immediati e vicini (un incendio vicino a casa...), non per pericoli futuri e/o lontani. Per questi serve la cultura o la religione.
6) la paura "parla" alla pancia. Ma la distanza tra effetti ed azioni è grande e può essere colmata solo da conoscenze e ragionamenti. Quindi occorre parlare alla testa.
7) Occorre che nei messaggi prevalga il contenuto positivo. Per esempio far capire quanto alcune azioni possano non solo controllare la situazione, ma in prospettiva migliorarla...
Per intendersi, mi riferisco non a "buone pratiche" e comportamenti individuali, bensì alle grandi scelte politiche
8) paradossalmente, è possibile che le azioni di prevenzione saranno più praticabili in uno scenario dove si pratica la protezione (modifiche urbane per ridurre il calore, raccolta acque, variazioni delle colture e delle tecniche di coltivazione, ...)
In ogni caso il messaggio catastrofista (non importa se reale) angoscia pochi e viene rimosso dalla maggioranza. Possiamo verificarlo noi stessi, se vogliamo.
È evidente che serve una riflessione, anche considerati i risultati di decenni di comunicazione di rischi ambientali...
Ma dobbiamo farlo noi.
Non credo che i comunicatori televisivi intendano o sappiano cambiare rotta. E' legittimo dubbio che lo spostamento dell'informazione dal "mutamento climatico" ai "tempi del mutamento climatico" - passaggio di per sé giustificato - risponda ad esigenze di audience.
Carlo
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