Rischio Zero

Ma siete sicuri di sapere cosa sia il "Rischio Zero"?
Lo chiedo perché da un paio di mesi è di moda parlare di "Rischio Zero"; sempre scuotendo sconsolatamente a testa per dire  "Il Rischio Zero, non esiste!". 
Si è cominciato a marzo, dopo che la Germania ha bloccato per la prima volta il vaccino di AstraZeneca e poi abbiamo continuato a sentircelo ripetere "Diciamocelo chiaramente! Il Rischio Zero non esiste. Tutti i vaccini, tutte le terapie comportano un rischio. magari piccolo, ma comportano un rischio!"
Poi quando il Governo dei Migliori, inspiegabilmente sostenuto dai peggiori ha iniziato ad allentare le maglie delle misure di contenimento dell'epidemia (quelle che adesso chiamiamo "misure non farmacologiche") con scelte ardite quanto fragili, ma che non accontentano la pancia di alcuni Partiti, nuovamente abbiamo sentito illustri commentatori parlare di Rischio Zero.
"Occorre prendersi dei rischi! Dei Rischi Ragionati! Il Rischio Zero non esiste!" 
Ma prima di due brevi riflessioni di merito, cos'è il Rischio Zero? Da dove salta fuori?
 
Da alcuni decenni il "Rischio Zero" viene tirato in ballo da tecnici quando devono rispondere a  cittadini e associazioni su questioni ambientali: "Si, si, sarebbe bello ! Ma il rischio Zero non esiste!".
Peccato che se entriamo nel merito, scopriamo che le persone chiedano l'adozione di misure tecnicamente praticabili o una corretta gestione dei rischi e delle risorse, non il "Rischio Zero" 
Insomma, il "Rischio Zero" è come la "Sindrome NIMBY".  E' uno slogan per togliersi dall'impiccio quando la popolazione fa domande corrette a cui non si è in grado  di dare una risposta (o meglio non si è autorizzati). Si gioca ad invertire le parti e trasformare una domanda ragionevole ed ineludibile in una domanda irragionevole da rigettare.

Ma qualcuno ha mai voluto il "Rischio Zero"?
Mezzo secolo fa, il "Rischio Zero"  era rivendicato nelle lotte di fabbrica per la sicurezza e la salute sul lavoro.
Era un approccio irragionevole?  
Come tutte le cose, se lo inquadriamo storicamente, non solo era ben comprensibile, era giusto. Era la risposta alla Monetizzazione del Rischio verso cui spingevano le industrie, anche se allora si diceva in modo più comprensibile "i padroni".
Insomma, c'era chi pur di non spendere troppi soli in misure di sicurezza e bonifiche degli ambienti di lavoro spingeva per dare dei soldi in busta paga agli operai affinché accettassero i rischi. e la giusta risposta era "No, vogliamo il Rischio Zero!"
E' ragionevole credere che nessuno degli esperti che oggi cita il "Rischio Zero" abbia la benché minima idea di cosa si il "Rischio Zero"

Ma veniamo ad oggi.
Sui vaccini anticovid, in particolare sul vaccino di AstraZeneca e sul vaccino di Johnson & Johnson il "Rischio Zero" non è un approccio pertinente. Si tratta di vaccini che comportano dei rischi, sia pure non enormi, per una categoria di persone: le donne fino ai 50 anni, cautelativamente fino ai 60 anni. E rischi minori per gli uomini.
L'approccio pertinente è quello di utilizzare per ogni categoria di persone il tipo di vaccino che comporta i minori rischi. La cosa non solo è possibile, ma costituisce la soluzione migliore per la totalità della popolazione, come già spiegato in altro post.
E anche se alcuni esperti hanno fatto fatica ad accorgersene, questa cosa è stata fatta.

Le misure di contenimento dell'epidemia sono ancora al centro della rissa politica. 
Ed è anche giusto che sia così, visto che le misure di prevenzione hanno pesanti ricadute sociali.
Succede però che, invece che fare i conti con la scienza, vengano fatte (per lo più "urlate") affermazioni prive di basi. E tutti si scagliano contro singoli pezzi di un pacchetto complesso. oggi quella più trendy è "perché le 22 e non le 23", ma esiste un vario repertorio di affermazioni che va da "la scuola è il posto più sicuro del mondo perché rispettiamo le regole" a bestialità tipo "adesso anche l'UE dice che le mascherine non servono".
Ho fatto solo 3 esempi, perché la questione non sta tanto nelle singole cose, ma nell'apparente incomprensione del quadro complessivo.
E su questo ci sono (anche) gravi responsabilità degli esperti che non hanno saputo o non hanno voluto comunicare correttamente.
Già il chiamare le misure di contenimento dell'epidemia "misure non farmacologiche", invece che "misure di prevenzione" (quasi che prevenzione sia diventata una parolaccia) ci spiega quanto sia ideologico il mondo post ideologico.
Lo scorso anno c'è stato un lock down, rigido, ma con le necessarie eccezioni.
Dopo sono stati definiti dei pacchetti di misure. Ogni singola misura ha la sua base scientifica, ma la scelte di quali e quante misure adottare ha - come facilmente comprensibile - margini di aleatorietà. Possiamo decidere di prevenire di più o di prevenire di meno.
Nessuna singola misura ha un valore assoluto; con ciascuna si agisce nell'ambito di un approccio probabilistico di riduzione del rischio. Come sempre è avvenuto nella prevenzione. Solo l'eliminazione totale di un fattore di rischio azzera i danni. Ma questo non è possibile in un'epidemia virale e solo raramente è avvenuto. Per l'amianto ci sono voluti 27 anni da quanto la scienza ne ha sancito definitivamente la cancerogenicità. E quasi 70 anni da quanto sono stati posti i primi fondati sospetti. In altri casi agenti pericolosi sono stati sostituiti con agenti meno pericolosi. In altri casi, si usano misure di contenimento.
La decisione di fare qualcosa in più o qualcosa in meno, dipende anche dalla sopportabilità sociale. Ma dire "prima di chiudere i ristoranti dovete dimostrare che nei ristoranti ci si contagia" è una sciocchezza. Ci sono basi scientifiche che ci spiegano che è così.
Altrimenti, se dobbiamo attendere che si dimostri che nei ristoranti ci si contagia, quando è dimostrato, poi dobbiamo accettare che i titolari di pizzeria dicano "dovete dimostrare che in pizzeria ci si contagia".
C'è una grave responsabilità di chi soffia sul fuoco con il risultato di ridurre la sopportabilità sociale e spingere misure senza rispettare i tempi corretti.
Si può scegliere di stare aperti, ma occorre l'onestà di dire che si è ben disposti ad accettare un certo numero di morti. In Piemonte, ridurre le misure di prevenzione quando si ha un tasso di 50 /100.000 significa che, se si interviene dopo un mese quando il tasso sarà di 200/100.000 nel giro di 2 mesi si produce circa un eccesso di 1.000 - 1.200 morti.  (NdR: un  epidemiologo può essere molto più preciso) 
Possiamo fare qualsiasi scelta, ma non si può barare. occorre che chi spinge per determinate scelte, ci metta la faccia.
Ovviamente le vaccinazioni stanno cambiando lo scenario. Ma tutto mi fa credere che la scelta sia stata fatta con un anticipo di 3 o 4 settimane su quanto avrebbero consigliato le conoscenze scientifiche.
Il risultato sarà un aumento dei decessi ed un concreto rischio di nuova adozione di misure restrittive. Impartite dal governo o autosomministrate dai cittadini.
Carlo  

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