Le chiusure al tempo dei migliori


Ovvero, come la scelta di non riaprire gli impianti sciistici ci mostra l'inadeguatezza del governo e ci lascia tutti in mutande

Rinviare l’apertura degli impianti sciistici poche ore prima della riapertura la dice lunga sulla situazione italiana.
Intendiamoci, da tempo ripeto che la situazione è molto seria, solo che i media si sono distratti per la crisi di governo. Non che prima facessero un buon servizio, ma la loro distrazione ha contribuito a farci fare l’abitudine al fatto che in Italia la Covid19 causi tutti i giorni un numero di morti pari a quello di uno o due aerei di linea che precipitano.

Dobbiamo però chiederci se le scelte che vengono fatte siano adeguate e se sia adeguato il modo in cui vengono attuate.

In primavera Conte e Speranza non sono stati bravi. Sono stati molto bravi. Non facciamo finta di non ricordarcelo. Ma dall’estate si sono accumulate incertezze.
Certo non era facile seguire un percorso razionale in presenza di personaggi che dicevano che il virus era clinicamente morto e dei Mattei vari che cavalcavano esigenze – vere o presunte – di gruppi di interesse.

Ma era necessario ( ed è ancora necessario):
  • definire misure e regole per settori più specifici;
  • chiarire che le attività restavano aperte o perché indispensabili o perché misure di prevenzione e di protezione adeguate non solo esistevamo, ma erano credibilmente applicabili. E che altre attività, per i medesimi criteri, potevano funzionare a regime limitato o dovevano restare chiuse.
  • chiarire anche che la possibilità di qualcuno di restare aperto derivava anche dal “sacrificio” richiesto e imposto ad altri.
  • chiarire che conseguentemente chi poteva restare aperto “aveva un debito” nei confronti di chi era penalizzato.
Ma credete veramente che ci fossero le condizioni per fare questo?
Con un tarlo come Renzi interessato solo a demolire?
E con i media che facevano di tutto salvo che collaborare con gli italiani producendo un’informazione utile?
Ma soprattutto, il CTS era, ed è, all’altezza?

Sotto il profilo della strategia delle misure di prevenzione mi sento di dire di no.
Il tentativo di applicare il “criterio semaforico” (zone rosse, gialle, verdi..), copiato da altri ambiti della prevenzione, era sensato. E tutti chiedevano una cosa simile. Ma non è stato gestito e i media hanno giocato a sollevare un polverone.

Quanta è la responsabilità politica e quanta quella tecnica?
Ognuno può farsi un’idea ascoltando le lamentele di Ricciardi & c su Conte. O semplicemente osservare che questa volta è colpa di Speranza, prima era colpa di Conte.

Il problema è che siamo prigionieri di una cultura della prevenzionistica che ha un’antica matrice igienistica. Che si affida al potere per far applicare misure tecniche, che in astratto sono corrette, ma che devono essere messe alla prova dell’applicazione pratica.
Insomma, di una cultura igienistica che dice cosa va fatto, ma che ritiene non sia un problema suo applicare le misure di prevenzione e confrontarsi con le resistenze che inevitabilmente si sviluppano nella società
Una cultura per cui i tecnici sono capaci di discutere in consessi scientifici, ma non sono capaci di andare tra le persone e confrontarsi.

Quello che è certo è che nella prevenzione collettiva il confine tra aspetti tecnici e aspetti sociali e/o politici è tenue. Ed un confine, non una frontiera.
Il “tecnico della prevenzione”, o se preferiamo l’ “operatore di prevenzione” deve avere le conoscenze tecniche, ma deva avere anche qualche “conoscenza” del sociale. E deve avere un po’ di sensibilità in tal senso. Deve andare a vedere dall’altra parte come stanno le cose.
E il politico, che vorremmo immaginare interessato al sociale, non può non avere qualche conoscenza tecnica. O almeno deve avere un po’ di interesse in tale direzione.

Adesso la frittata è stata fatta!
Annunciare con poche ore di anticipo che gli impianti sciistici non riapriranno ha conseguenze gravi
Per le spese sostenute, per le emozioni generate, per la rabbia che suscita. Per quanto tutti noi dovremo rimborsare agli operatori del settore.
E – non lo dico da tifoso - la responsabilità non ricade solo sul Ministro della Salute. Ricade inevitabilmente sul Presidente del Consiglio.
Ma c’è un aspetto più grave. La destra, Salvini e Meloni in testa, chiede di cambiare i tecnici del Comitato Tecnico Scientifico
In astratto si potrebbe anche essere d’accordo. Ma, come al solito, dobbiamo guardare non tanto al problema segnalato, quanto alle soluzioni desiderate.
E il desiderio della destra (spererei solo della destra) non è quello di avere tecnici che sappiano confrontarsi con il sociale. La destra vuole tecnici che facciano ciò che viene loro richiesto dalla politica.

Il problema è serio. Perché la scienza ci ha spiegato che le epidemie hanno una prima, una seconda ed una terza ondata. Ma il virus si limita a fare il suo mestiere con qualche mutazione. E' un problema serio, su cui però possiamo fare poco. 
Ma le ondate ci sono non perché il virus va a spasso, ma perché lo portiamo a spasso. E quando le misure di prevenzione  non sono gestite bene, presentate bene, spiegate bene, il noi umani ci lasciamo andare e diventiamo pericolosi per noi stessi. Come ieri per le strade di Torino
Auguri a tutti
Carlo

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