Poi, con gli
eventi di questi giorni, mi pare utile aggiungere due considerazioni in coda
"Il Servizio pubblico
A fine luglio del 2013 è morto Mario Valpreda, che è stato assessore alla salute del Piemonte fino al marzo 2007, quando un ictus lo ha costretto a rinunciare al suo impegno professionale, sociale e politico.
Chi lo ha conosciuto negli ultimi 30 anni in realtà lo ricorda più come responsabile regionale dei servizi veterinari, con la sua straordinaria capacità ed impulso allo sviluppo del controllo della filiera alimentare. E poi come responsabile regionale dei servizi di prevenzione e quindi come direttore generale della sanità.
Se il Piemonte è stato all'avanguardia per molti aspetti della prevenzione primaria, lo si deve in gran parte a Mario Valpreda.
Per quanto l'ho conosciuto non era certo persona da commemorazioni, per cui chi vuole saperne di più, può cercare informazioni su internet.
In quasi 30 anni di lavoro nei servizi pubblici ho avuto la fortuna di conoscere molte persone che si sono dedicate ( e si dedicano) al servizio pubblico con intensità e passione.
Ma se devo pensare a qualcuno che "incarni" il servizio pubblico" (nel senso pieno del termine) la prima persona che mi viene in mente è sempre Mario Valpreda.
Uno dei ricordi più lontani è nel 1987 a Savigliano, dopo che era intervenuto su non so più quale tematica, chiacchierando con gli operatori dei servizi di prevenzione, non solo offriva la sua disponibilità, ma dava risposte o "visioni" concrete ed utili.
E, quantomeno nel mondo della sicurezza e salute sul lavoro, ne abbiamo approfittato costantemente.
Anche con scontri epici, dove lui si incazzava perché non volevamo adottare le sue ipotesi di intervento per la prevenzione nei luoghi di lavoro. Noi avevamo ragione nel non accettare le soluzioni proposte, lui aveva ragione nel pretendere modelli di intervento sulla base di progetti e programmi.
Ho sempre pensato che avesse il dubbio che le motivazioni relative alla complessità ed incertezza delle informazioni sui luoghi di lavoro fossero "fuffa" messa lì per menare il can per l'aia. Ed obiettivamente chi ha assistito a riunioni dei responsabili SPreSAL piemontesi ha le sue ragioni per diffidare.
Ma, Mario Valpreda non era solo capace ad organizzare e fare molto, ma aveva anche una visione ampia dei problemi di salute e dei problemi di prevenzione. Tutti gli addetti alla prevenzione vedevano il rapporto tra ambiente e salute, lui spingeva a vedere come le scelte politiche determinassero ambiente e salute. E quindi occorreva che la prevenzione facesse vedere ai "politici" le ricadute delle loro scelte.
Chi ha voglia si può leggere la premessa "Una nuova politica per la salute" al Piano socio-sanitario regionale 2007- 2010"
Un ultimo tratto sul personaggio Mario Valpreda è collegato alla sua disponibilità. Se gli telefonavi ti rispondeva sempre (anche se era evidentemente impegnatissimo) e se gli dicevi:
"Ho una questione di cui ti devo parlare"
La risposta era "Non c'è problema. Facciamo domani. Ti va bene alle 7?"
"Dove? l'Assessorato è chiuso"
"Non c'è problema. io arrivo alle 6.30 apro e porto su la bici. Tu telefonami dal bar ed io scendo ad aprire!" "
Quando ho letto le bozze del piano sanitario regionale di Mario Valpreda, la prevenzione occupava un posto rilevante.
La cosa che più mi colpì però fu una prospettiva che veniva inserita.
Poteva essere un dettaglio, ma in realtà ridelineava il ruolo dei dipartimenti di prevenzione. In sostanza era posto al dipartimenti di prevenzione l'obiettivo di operare "sui" pubblici amministratori,per renderli coscienti che ogni intervento, oltre alle finalità che persegue, produce sempre anche degli effetti indesiderati.
Ed è indispensabile che le amministrazioni pubbliche acquisiscano questa cultura e sviluppino le capacità necessarie per prevedere "l'indesiderato".
In questi 10 anni la cultura dei Dipartimenti di Prevenzione, quantomeno in Piemonte, è degenerata.
Nel mio piccolo ho provato ad applicare la prospettiva sopra delineata come consigliere comunale di Grugliasco e mi sono reso sempre più conto quanto si tratti di un nodo fondamentale .
Mi sono però anche reso conto che la coscienza degli "effetti indesiderati" non è tutto. anzi, sovente è sgradita.Per cui quando si sollevano perplessità a cui non si possono contrapporre obiezioni, la risposta è "La questione è posta importane, da soggetto magari autorevole, ma non è soggetto preposto a dare queste valutazioni", per cui si chiude lì e non se ne tiene conto.
Carlo
P.S.: la mia foto non vuole porre questioni di sicurezza del ponte. Evidenzia solo come si sia potuto concepire di far vivere persone sotto viadotti stradali.
I problemi dell'Italia sono così seri che non si può pensare di affidarli agli urbanisti ed ai politici che prima hanno concepito cose come questa e poi sono restati indifferenti.
Ovviamente non non credo che la soluzione sia cambiare politici; occorre che cambiamo mentalità e cambiamo la politica.
Solo una seria rivalutazione della partecipazione, quella "concreta", dove ci si guarda negli occhi e si discute. Quella in cui le decisioni non sono state prese prima e si tratta di solo di ratificare.
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