In Italia non c'è stata alcuna riforma delle pensioni. Ci sono stati solo interventi finanziari "per far quadrare i conti".
Parlare di pensioni significa parlare di lavoro. In realtà il lavoro è un astrazione. Esistono (esistevano) mestieri e poi, poco meno di 3 secoli fa, si è assunto il termine lavoro, prima usato solo in fisica.
Che i lavori non siano tutti uguali è facile da capire, anche se quanto di parla di lavoro è facile che si pensi alla propria esperienza lavorativa. E' una cosa che capita tutti i giorni ai medici di famiglia quando "danno la mutua" e sovente non capiscono perché il lavoratore ritenga di avere bisogno di un periodo di malattia maggiore....
La risposta data dalla politica sono i per i lavori usuranti ed i lavori gravosi. E' una risposta assolutamente insoddisfacente e nasce da una assenza di riflessione politica / sociale.
La speranza di vita a 60 anni o a 65 anni è profondamente differente a seconda del lavoro che una persona ha fatto nel corso della sua vita.
Ma le differenza sono ancora maggiori se si guarda alla speranza di vita in condizioni di buona salute.
Se l'anticipo della pensione per chi svolge lavori usuranti / gravosi dovrebbe essere pagato dai datori di lavoro con maggiori contributi pensionistici, occorre prendere atto che per la gran parte dei lavoratori l'innalzamento dell'età pensionistica è un problema rilevante.
In questo momento non è realistico parlare di aumentare la forbice contributiva, anche se in prospettiva, occorrerebbe considerare seriamente questa ipotesi.
Aumentare i contributi pensionistici può significare ridurre i soldi che circolano nell'immediato, ma è un investimento per il futuro. Per questa via si possono anticipare le pensioni e si possono avere pensioni atte a garantire / facilitare l'assistenza nella quarta età.
Più semplicemente, però, a breve termine si potrebbe introdurre un po' di flessibilità del lavoro.
Questa volta una flessibilità a favore di lavoratori.
Per intendersi se un persona guadagna 1.500 euro lordi al mese (o se preferite 2.100 euro lordi, ecc..) in realtà ne costa circa 2.000 ( o 2.800) perché oltre al lordo il datore di lavoro paga un altro 30% in contributi che "non si vedono in busta paga"
Può piacere o non piacere, ma se per un lavoratore a 58 anni si smette di pagare i contributi e gli si da il medesimo stipendio con una riduzione dell'orario del 25%, il costo orario non varia.
Se questo beneficio debba ricadere sulle spalle del lavoratore, dell'azienda, dello Stato, è un scelta della politica. E si può anche pensare che gli anni debbano essere 57 piuttosto che 60. ma credo che il peso del "beneficio" debba ricadere sulle spalle del lavoratore solo in minima parte.
I benefici sono numerosi, e se si "guarda ai conti" il miglioramento della qualità della vita, dell'assistenza agli anziani, o a i bambini sono cose che hanno un valore a che per i conti dello Stato.
Ma chi ha dei dubbi provi a passare 8 ore di lavoro al giorno in piedi ad una macchina. Magari anche con un lavoro leggero, quasi solo di controllo.
Dopo ne riparliamo
Carlo
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