75 anni


Quando sento dei tromboni andare a dire in giro a dire che bisognerà lavorare fino a 75 anni, penso che per dire cose simili bisogna essere cattivi. Cattivi e un po' "bastardi dentro". 
Fondamentalmente, però, bisogna essere degli stupidi.
Il guaio è che queste cose sono ripetute da giornalisti "coolflamizzati", oltre che da giovanotti del partito di maggioranza relativa (per intendersi quello che si è scritto una legge per darsi la maggioranza assoluta non per volere del popolo, ma per volere della Legge).
Giovanotti che parlano con il sussiego di chi sa di andare a stupire i comuni mortali con una verità incontestabile. Con il sussiego di chi sa che affonterà a testa alta le contestazioni di un popolo ignorante, che non vuole accettare quanto incontestabilmente dicono i Dati e le Proiezioni Statistiche. Con il sussiego di chi pensa che a lui, in qualche modo, non succederà.
Pur essendo stupidi, gli stupidi, sotto sotto, hanno la percezione di essere stupidi, perciò condiscono la dabbenagine del dire che si dovrà lavorare fino ai 75 anni (qualcuno non si fa mancare un bel "almeno!") con asserzioni sui lavori usuranti.
Alcuni giorni fa, un amico, non giovane, anzi pensionato, ha iniziato a tediarmi con uno sproloquio "renziano" sulla giusta inevitabilità dell'andare in pensione a 75 anni, fatti salvi ovviamente ecc. ecc... (francamente non riesco a capire perché i simpatizzanti di un partito di maggioranza relativa sentano l'irresistibile bisogno di sposare la prima idiozia che sentono dire... magari sotto sotto è la frustrazione per quello che vedono fare al governo e l'inconscio desiderio di tornare tranqullamente all'opposizione....)
Mi sono limitato a raccontare una scenetta:
"immaginati di andare a comperare un paio di scarpe. La commessa, 75enne sentito cosa cerchi, sale agilmente su una scala, prende 3 o 4 scatole di scarpe, scende, e te le porta.
Poi accorgendosi che tu sei un po' in difficoltà, agilmente, la 75enne, si accovaccia e con un sorriso ti aiuta a calzare le scarpe"
Lo sproloquio sulle pensioni a 75 anni è finito lì.
Ora, le condizioni di salute sono migliorate molto negli ultimi 50 anni (ma badate bene, sono pronte a peggiorare rapidamente, con il peggiorare delle condizioni economiche), ma di qui a pensare che un 75enne possa "lavorare", ce ne corre. Si possono fare (ed è bene che si facciano) cose utili, produttive. Si può addirittura avere un mestiere o esercitare una professione. Ma "lavorare" no.
Per dire cose simili è necessario non avere mai lavorato. O quantomeno non avere mai lavorato nel senso comune del termine (garantire orari, ricevere ordini o disposizioni, mantenere il ritmo, garantire performances, evitare di farsi male, reggere il rapporto con clienti e utenti,  ...).
L'ignoranza su cosa sia il lavoro non permea solo la politica. 
E' diffusa. E quasi tutti - quando pensano al lavoro - se va bene pensano che il lavoro degli altri sia come il proprio lavoro. In alternativa, si pensa di essere gli unici ad avere un lavoro impegnativo, ...
Sono più di 30 anni che sul lavoro si sente dire che "l'età pensionabile sarà alzata", "l'età pensionabile sarà alzata ancora", "chissà se andremo mai in pensione", ecc.
Non ho mai sentito una seria riflessione sulla vita e sul lavoro. Gli apprezzabili abbozzi sui "tempi di vita e di lavoro" di una quindicina di anni fa, riguardavano gli orari. Non la vita.
Riflessioni su come interrompere e riperendere il lavoro nel corso della vita, su come intervallare momenti di "sola vita"  in epoche di "vità e lavoronon sembrano neppure essere concepite dalla politica. 
In Italia, le possibilità di modulare il lavoro con il part-time sono sostanzialmente inesistenti. E questo non solo per i livelli miseri di gran parte delle retribuzioni. Le regole sono inadeguate ed applicate con criteri punuitivi.
Esistono gli strumenti per gestire orari  a mosaico, che concilino  esigenze del lavoro con esigenze delle persone.  Ma la "flessibilità" è a senso unico.
A fronte dell'aumento  della speranza di vita, bisognerebbe chiedersi se non sia necessario aumentare i contributi previdenziali
Invece la "politica" riduce i contributi previdenziali. E, anche grazie all'assenza di una sinistra, ai lavoratori non viene fatto capire che così viene loro ridotta la retribuzione. 

Sembra che il lavoratore usurato, o anche chi semplicemente non ce la fa più a reggere il suo lavoro, sia un'entità a cui rivolgere la nostra compassione, magari facendolo uscire dal lavoro con una pensione molto ridotta, ma non sia un problema che riguarda la società nei suoi aspetti più profondi.

E allora mi viene un dubbio.
Lo sproloquio del mio amico, non era "renziano". Renzi si tiene ben lontano da temi di questo tipo, che bruciano il consenso. 
Renzi preferisce dare 80 euro ai pensionati con pensione minima. E dato che le pensioni minime sono a livelli vergognosi, bisogna farlo in fretta. Per l'estate, o comunque gli 80 euro devono arrivare prima del referendum costituzionale.
Ma Renzi, da dove prenderà gli 80 euro?
Taglierà sprechi? (Dove? quali? in quanto tempo? con quali risparmi?). Taglierà servizi? Nella scuola e nella sanità c'è più poco da tagliare.  E gli elettori rischiano di arrabbiarsi.
Farà pagare delle tasse riequiliobrando diseguaglianze?  Ma per carità! Ci sono gli evasori!
No, Renzi gli 80 euro per le pensioni li prenderà dall'INPS.    Quindi, visto che l'esperienza insegna, questa volta del "buco dell'INPS" se ne parla prima.
Carlo





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