Lavori usuranti

L'innalzamento dell'età pensionabile e l'usura da lavoro sono un tema in cui la politica fa lo struzzo. E rischia di provocare danni ben più grandi di quanto si possa immaginare 

La discussione sulle pensioni si intreccia inevitabilmente con il tema dei lavori usuranti. Le scelte che dal 1993 hanno portato a sviluppare in Italia la normativa sui lavori usuranti risentono evidentemente di vincoli economici.
Il progressivo innalzamento dell'età pensionabile (che ha raggiunto vette insospettabili solo 20 anni fa...) rende evidente la crescente inadeguatezza della lista dei lavori usuranti.
Infatti, i lavori usuranti individuati dalla normativa sono infatti sicuramente usuranti, ma per fortuna questi lavori riguardano un numero limitato di lavoratori. Sia la tipologia di attività, sia i requisiti di continuità limitano molto la platea delle persone che ne può fruire.
Il lavoro notturno, nella misura di un giorno lavorativo su tre riguarda pochi lavoratori. Nella sanità, tanto per considerare un compareto dove il lavoro notturno è diffuso e necessario, i turni notturni sono di meno. Quindi infermieri  e medici non rientrano tra i beneficiari.
Gli autisti di mezzi pesanti per il trasporto persone (superiori a 9 persone) rientrano nella normativa, ma se sono adibiti a servizi pubblici di trasporto.
I lavoratori adibiti a catena di montaggio, per come definita dalla normativa, non sono pochi, ma sono un sottoinsieme degli operai dell'industria. Tutti coloro che lavorano su macchine utensili al di fuori delle linee ("catene") sono esclusi. 

Lavoratori impegnati in mansioni particolarmente usuranti: (cave, miniere, gallerie, cassoni ad aria compressa, palombari, fonditori esposti a calore elevato, soffiatori di vetro, bonificatori amianto, catena di montaggio, addetti trasporto persone su mezzi pesanti).
E' sempre opportuno approfondire, ma  il quadro generale è quello descritto.

Il guaio è che in molti lavori (non solo nelle attività estreme sopra indicate)  la percentuale di persone "che non ce la fa più"  è molto elevata. Questo fenomeno 20 anni fa era sostanzialmente inesistente, perché le persone uscivano dal lavoro ad un età molto inferiore a quella oggi richiesta.
In sintesi, a me sembrano importanti due tematiche:
A 50 anni, a 55 anni, a 60 anni la percentuale di persone affette da malattie croniche cresce. E cresce l'importanza dei disturbi.
Per alcune malattie frequenti, fondamentalmente le malattie dell'apparato cardiocircolatorio ed il diabete o le interferenze tra malattia e lavoro sono modeste, o sono facilmente gestibili dall'azienda e dal lavoratore, soprattutto se si è in presenza di un medico competente (NdR: sarebbe il medico aziendale...) che ha voglia di fare pienamente il suo lavoro. Possiamo dire che i casi critici sono pochi.
Un problema molto più serio sono le malattie muscolo scheletriche, in particolare le malattie ed i disturbi della colonna vertebrale e le malattei articolari e tendinee delle spalle, dei polisi, delle mani e dei gomiti.
Si tratta di malattie che hanno una frequenza che cresce molto con l'età. In parte sono determinate da abitudini di vita, storia individuale, fattori indifiduali, il parte sono causate dal lavoro.
Sotto il profilo occupazionale, sono classificate come malattie correlate al lavoro. In altri termini il lavoro può essere una causa più o meno importante di queste malattie, in relazione ad esposizioni a rischio di sovraccarico biomeccanico del rachide o sovraccarico biomeccanico degli arti supeirori o anche in funzione di aspetti ergonomici del lavoro.
Il guaio è che malattie muscolo scheletriche della colonna vertebrale o degli arti superiori comportano limitazioni dell'idoneità lavorativa e rischiano di essere un fattore di espulsione dal mondo del lavoro.
E non c'è da scherzarci su, perché si tratta di persone che sono destinate a non trovare lavoro non solo per l'età, ma anche per la patologia, e comunqemente si trovano ad avere 12-15 anni prima della pensione.

Personalmente non ho mai capito perché nella normativa italiana le malattie professionali (quelle muscolo scheletriche, ma non solo ...) non costituiscano un riconoscimento di avvenuto lavoro usurante.
Dopodiché i benefici per chi ha svolto lavori usuranti sono "così minimi", che risolverebbero solo una piccola parte del problema (anticipo della pensione di singoli anni...)
Più in generale, non solo chi viene espulso dal mondo del lavoro, ma anche chi viene espulso per problemi di salute determinati dal lavoro è abbandonato a se stesso, perché in Italia non esiste una funzione pubblica che conduca le persone a trovare nuovamente un lavoro adeguato (NdR: questa ovviamente non è una critica a chi si occupa diligentemente del tema...)

Per meglio comprendere occorre considerare anche l'altro corno dei lavori usuranti: lo stress ed il burn-out
Molti lavori che comportano "cura" e  lavoro con / su persone (infermieri, fisioterapisti, maestri di scuola materna, insegnanti, ecc.) hanno dato pochi problemi fino a pochi anni fa. Con l'aumentare dell'età e dell'anzianità lavorativa, la percentuale di persone che "non regge", cresce, con perdita di qualità del servizio, talvolta pericoli e molta sofferenza individuale.
Come nel caso di malattie  muscolo scheletriche, si tratta di (tante) persone che ancor più (ancor prima) della pensione hanno bisogno di essere ricollocate in un lavoro che possano reggere
Ma questo è un problema sociale, pubblico. Non un problema del singolo lavoratore. E anche far finta che il problema possa ricadere solo sulle imprese, non è "di sinistra", ma solo un modo per evitare di affrontare il problema.
Pare che la politica non sappia e non voglia cogliere questo problema (sicuramente ben più complesso di come sintetizzato in questo post)
E questo è il motivo per cui penso che un partito / movimento serio dovrebbe candidare solo persone che abbiano avuto un esperienza lavorativa vera.
Carlo

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