Ma chi ci guadagna sull'energia?

La chiusura di centrali elettriche è un brutto segno e sorprende solo chi pensava che la crisi economica si risolvesse con battute da talk show. La riduzione dei consumi in Piemonte è vertiginosa e non dipende dai cittatini che usano le lampadine a basso consumo. Da una parte ci sono grandi interessi, quasi mai al centro dell'attenzione, dall'altra c'è l'opportunità di innovare e cambiare. Quindi, ricevo e pubblico.

A febbraio del 2009, l’allora Presidente del consiglio Silvio Berlusconi siglò un accordo per la produzione di energia dall'atomo con il presidente francese Nicolas Sarkozy L'intesa intendeva gettare le basi per un'ampia collaborazione in tutti settori della filiera produttiva, dalla ricerca allo stoccaggio di materiale radiattivo. 
Nella conferenza stampa tenutasi al termine dell’incontro, Berlusconi rivendicò l’importanza strategica della produzione di energia con centrali nucleari Dobbiamo svegliarci dal nostro sonno, adeguarci, perché il futuro è nel nucleare e additava come errore storico l’uscita dal nucleare
in seguito all’incidente di Chernobil “Eravamo protagonisti del nucleare negli anni '70, poi per il fanatismo ideologico di una parte politica abbiamo interrotto la costruzione di due centrali che erano vicine ad essere completate”. 
Poi aggiunse che  “il nucleare [costituisce] un'energia pulita [prodotta] in un sistema di sicurezza che consente ai francesi di pagare l'energia che consumano la metà di quanto pagano gli italiani” e Sarkozy concluse “per il 2020 bisognerà sviluppare centrali in maniera massiccia e nessuno deve porre veti”.  L’accordo prevedeva la realizzazione nel nostro Paese di almeno quattro centrali di terza generazione.

Due anni dopo il disastroso maremoto che colpì il Giappone rese manifesto il livello di rischio e l’intrinseca insicurezza delle centrali nucleari; nel 2011 la catastrofe di Fukushima mise fine alle velleità nucleariste di Berlusconi, del Governo e dell’industria elettrica italiana.
A soli quattro anni di distanza da quell’accordo, poi abortito, appare evidente che la strategia di Berlusconi era profondamente errata non solo per le fondamentali questioni di sicurezza, ma anche per il cambiamento nello scenario socioeconomico che ha portato a un drastico calo della domanda di elettricità e dei prezzi delle infrastrutture tecnologiche per la produzione di energie alternative.
Fino a qualche anno fa era opinione dominante che lo sviluppo economico si dovesse accompagnare all’aumento dell’intensità energetica, ovvero che la crescita della domanda di elettricità dovesse proseguire ad un ritmo più elevato di quello del reddito. In realtà, con la crisi economica, in Italia la domanda di energia è in forte calo dal 2007; sulla base del consuntivo dei dati dei primi otto mesi del 2013 (-3,8% rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente e -5,7% ad agosto), si può stimare che quest’anno la domanda torni sui valori del 2002 (cfr. tav. 1).
Dal lato dell’offerta di energia, in Italia c’è attualmente un eccesso di capacità produttiva che richiede lo smantellamento delle centrali meno efficienti e inquinanti piuttosto che la costruzione di pericolose e costose centrali nucleari. Non a caso l’ENEL ha di recente chiesto al Governo incentivi (sic!) per la chiusura delle vecchie centrali a gasolio.
Nel settore elettrico vi è stata negli ultimi anni una intensa riconversione produttiva che in particolare ha portato all’espansione della produzione con fonti rinnovabili; nei primi otto mesi del 2013 esse hanno superato il 36% della produzione elettrica complessiva (includendo il tradizionale idroelettrico, favorito dalle abbondanti precipitazioni); alla fine dell’anno la produzione con fonti rinnovabili raggiungerà i 100 Teraw/h, più del doppio rispetto al 2007.
Lo sviluppo delle fonti rinnovabili va messo in relazione al forte calo dei prezzi degli investimenti necessari per la produzione di energia fotovoltaica, eolica e geotermica che ne sta rendendo conveniente l’installazione, anche con incentivi pubblici sempre più ridotti e da azzerare in tendenza. Il prosieguo dell’auspicabile sviluppo di energie rinnovabili, che a breve dovrà divenire la quota maggioritaria della produzione di energia, deve essere contemperato dall’esigenza di evitare l’inutile consumo di territorio e salvaguardare le bellezze architettoniche, urbanistiche e paesaggistiche.
Il valore dell’energia elettrica prodotta in Italia in un anno da fonti rinnovabili è superiore a 5 miliardi; grazie ad esse si sono risparmiati alcuni miliardi nel acquisto di petrolio o gas dall’estero con benefici sulla bilancia dei pagamenti e sulla posizione debitoria netta del nostro Paese. Dall’ulteriore sviluppo delle fonti rinnovabili si potranno trarre ulteriori benefici per la nostra economia; malgrado i recenti progressi nel 2013 il saldo della bilancia energetica rimarrà negativo per circa 60 miliardi.
Secondo gli ultimi dati dell’ISTAT, a fronte della diminuzione degli acquisti di gas e petrolio dai paesi OPEC, l’Italia sta fortemente aumentando gli acquisti di greggio dalla Russia, sebbene - secondo varie indiscrezioni di stampa - i contratti di fornitura da questo paese siano molto onerosi.
Secondo informazioni presenti sul web molti acquisti avverrebbero tramite l’intermediazione di una società svizzera di cui non si conosce il reale assetto proprietario. Poiché la maggior parte di questi contratti è sottoscritta dall’ENI, società a controllo pubblico quotata in borsa sarebbe opportuno che le principali caratteristiche (controparte, commissioni di intermediazione, durata, pagamenti, vincoli, ecc.) siano rese di dominio pubblico e vengano rappresentate le ragioni economiche e strategiche dell’eventuale maggior costo per la società e la collettività.

Tav. 1 - Domanda di energia in Italia.
anni
domanda energia
(Gigaw/h)
2000
298.510
2001
305.446
2002
310.369
2003
319.658
2004
321.974
2005
330.444
2006
337.796
2007
339.928
2008
339.481
2009
320.268
2010
330.455
2011
334.640
2012
325.259
2013(°)
312.900

Fonte: Terna

(°) dato stimato  

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