Ricevo e pubblico.
Il
18 settembre il
Presidente russo Putin,
parlando della condanna di Berlusconi ad un incontro al quale era
presente anche l'ex presidente della Commissione europea Romano
Prodi, ha
dichiarato che “Gli europei si stanno estinguendo.
I matrimoni fra persone dello stesso sesso non portano bambini”. Ha
poi contestato “le politiche che mettono famiglie con molti figli
sullo stesso livello di matrimoni fra persone dello stesso sesso, la
fede in Dio e la fede in Satana”. Destinatario, in qualità di
Presidente del G20 di San Pietroburgo, della lettera di Papa
Francesco sul conflitto in Siria, il presidente della Russia, ha
sostenuto che senza "i valori radicati nel cristianesimo e nelle
altre religioni del mondo per migliaia di anni, senza
rispettare gli standard di moralità millenari, inevitabilmente gli individui perdono la dignità umana." Sul piano sociale ha soggiunto che “abbiamo bisogno di rispettare il diritto di ogni differenza di ogni minoranza, ma il diritto della maggioranza non può essere messo in dubbio”, chiosando in favore del suo amico che “se Berlusconi fosse stato un gay, nessuno lo avrebbe toccato con un dito”. Queste dichiarazioni seguono e sono coerenti con l’approvazione di una legge che vieta in Russia la propaganda gay in pubblico.

rispettare gli standard di moralità millenari, inevitabilmente gli individui perdono la dignità umana." Sul piano sociale ha soggiunto che “abbiamo bisogno di rispettare il diritto di ogni differenza di ogni minoranza, ma il diritto della maggioranza non può essere messo in dubbio”, chiosando in favore del suo amico che “se Berlusconi fosse stato un gay, nessuno lo avrebbe toccato con un dito”. Queste dichiarazioni seguono e sono coerenti con l’approvazione di una legge che vieta in Russia la propaganda gay in pubblico.
Le
controverse e per certi versi insostenibili dichiarazioni di Putin
hanno tuttavia indiscussi elementi di verità; in particolare
l’Italia,
come la maggior parte delle società occidentali, sta diventando
vecchia e
di conseguenza stanno cambiando alcuni tratti comuni della società.
L’avvicinarsi della morte per una parte crescente di cittadini muta
l’atteggiamento nei confronti delle cose terrene e rischia di far
affievolire la speranza in un futuro migliore. In molti Paesi europei
si va perdendo la vivacità e l’allegria tipiche delle giovani
generazioni. Inoltre il sistema economico tende a divenire meno
dinamico perché frenato da esigenze personali, modelli di vita,
propensioni all’acquisto, rapporti interpersonali tipici dell’età
matura.
In
una società che sta invecchiando da oltre quarant’anni,
l’immigrazione di giovani dai paesi in via di sviluppo è un
fenomeno da un lato inevitabile, dall’altro benefico. In qualche
misura il calo delle nascite impone una società multietnica. Per
l’Italia l’immigrazione è un fenomeno recente, intensificatosi
in misura rilevante lo scorso decennio quando
la Lega Nord faceva parte del governo nazionale. Oggi,
con la crisi economica, l’immigrazione si è sostanzialmente
arrestata.
Secondo
i dati raccolti dall’ISTAT per il censimento del 2011, le
persone con oltre 65 anni di età sono più numerose dei giovani con
meno di 20 anni.
Rispetto al censimento del 1991 la popolazione di 65 anni e più è
passata dal 15,3% al 20,8% del totale; è anche cresciuto il numero
di ultracentenari. L’invecchiamento della popolazione è un
fenomeno comune a gran parte dei paesi sviluppati ma in Europa
soltanto la Germania presenta una struttura per età con indici di
vecchiaia più elevati del nostro.
L’innalzamento
dell’età media è conseguenza del calo della natalità
(1,39 figli per
donna in
età fertile
secondo le stime del 2011, anno in cui l’età media al parto si è
attestato a 31,4 anni)
e
dell’aumento della speranza di vita
(per
le donne è di 84 anni e mezzo, quella degli uomini di poco più di
79 anni, fra le più lunghe dell’Unione europea).
Il progressivo invecchiamento della popolazione porta all’aumento
del tasso
di mortalità (pari al rapporto tra morti e residenti).
Data
l’attuale struttura per età, il fenomeno dell’invecchiamento
della popolazione è destinato a proseguire per molti anni.
In assenza di una ripresa della natalità, il saldo naturale della
popolazione, sostanzialmente negativo dal 1994, tenderà ad
ampliarsi; nell’ultimo decennio i morti hanno sopravanzato le
nascite di oltre 250.000 unità. Il ritmo di decrescita naturale
della popolazione è tra i più elevati in Europa, vicino alla Grecia
e al Portogallo.
Il
numero di residenti nel nostro Paese,
sostanzialmente stabile nel corso degli ultimi due decenni del secolo
scorso, è
aumentato lo scorso decennio, soltanto grazie all’immigrazione.
Secondo i dati del censimento, alla data del 9 ottobre la popolazione
era pari a 59,4 milioni, in crescita del 4,3% rispetto alla
rilevazione precedente (2001). L’incremento è da attribuire
esclusivamente alla componente straniera: mentre i cittadini italiani
sono diminuiti dello 0,5%, la popolazione immigrata è aumentata di
quasi 2,7 milioni, più che triplicandosi in soli 10 anni, un flusso
tra i più
rilevanti del continente.
Il flusso di immigrati ha principalmente interessato le regioni del
Centro-Nord.
Una
quota rilevante di immigrati ha la prospettiva di risiedere
stabilmente nel nostro Paese; lo testimonia la crescita delle
richieste di permessi di soggiorno per motivi di famiglia, passati
dal 12,8 per cento al 31,1 per cento del totale negli ultimi
vent’anni.
Nell’ultimo
triennio,
in concomitanza con la crisi economica,
gli
ingressi verso il nostro Paese hanno subito un brusco rallentamento.
Da ultimo è possibile che il flusso netto sia diventato nullo o
negativo essendosi intensificate le partenze dall’Italia, sia
quelle segnalate ai competenti uffici anagrafici comunali, sia quelle
non comunicate (il censimento del 2011 ha rilevato che oltre 800 mila
immigrati hanno lasciato il nostro Paese senza segnalarlo al comune
di residenza).

Anche
per effetto della minor età media, gli immigrati cercano lavoro più
degli italiani; le forze di lavoro straniere rappresentano il 10,2
per cento del totale. Il tasso di occupazione è più elevato di
quello degli italiani (66,2 a fronte del 60,7 per cento), come anche
il tasso di disoccupazione (rispettivamente 12,1 e 8,0 per cento). Il
tasso di inattività della popolazione straniera è, invece,
inferiore di quasi dieci punti percentuali a quello della popolazione
italiana (29,1
contro 38,6 per cento).
I
dati demografici dell’Italia pongono sul piano politico due
questioni di grande rilevanza per il futuro. La
prima riguarda l’organizzazione di una società multietnica, la
seconda le misure per favorire la ripresa del tasso di fecondità
delle donne.
Sotto il primo aspetto rientra il diritto alla cittadinanza dei nati
in Italia da genitori stranieri residenti nel nostro Paese. Sotto il
secondo aspetto la rivisitazione e il potenziamento dei servizi
pubblici che favoriscono l’educazione e la formazione dei bambini e
gli incentivi di natura fiscale per le famiglie con almeno due figli.
Sono aspetti di rilevanza fondamentale per il futuro non prossimo del
nostro Paese sui quali non è più possibile tergiversare ed è
indifferibile una attenta riflessione da parte del Parlamento e del
Governo.
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